Introduzione ai protocolli di Sion - Enrico Ford

I protocolli dei savi anziani di Sion - Enrico Ford

Coloro che si occupano dell’egemonia mondiale ebraica, in teoria, sanno che in pratica l’attuale manifestazione di questa egemonia è esposta in 24 tesi, note col titolo di Protocolli dei Savi Anziani di Sion, che richiamarono l’attenzione di tutta Europa e specialmente della Gran Bretagna, dove causarono un forte movimento dell’opinione pubblica inglese. Sono documenti per i quali, un anno fa, il Ministero di Grazia e Giustizia ordinò una serie d’indagini, che furono pubblicate in Inghilterra dalla Casa Editrice Evre e Spottiswoode.

Si ignora chi abbia dato a questi documenti il titolo di Protocolli dei Savi di Sion. Eliminando dal loro testo (e ciò si potrebbe ottenere senza mutilazioni di eccessiva importanza) ogni traccia di origine ebraica, si conserverebbero ugualmente i punti principali di un programma per il soggiogamento del mondo, quale non se ne è mai visto un altro. Ma tale eliminazione introdurrebbe nei Protocolli una serie di contraddizioni che nella loro forma presente non esistono. L’obbiettivo ultimo scoperto nei Protocolli consiste nel minare dalle fondamenta l’ordinamento sociale degli uomini, gli Stati costituiti, per erigervi sopra una nuova potenza mondiale sotto forma di dispotismo illimitato.

Un simile piano non poteva essere formulato da una classe regnante, già investita di poteri e di piena autorità, ma piuttosto da anarchici. Se non che questi non aspirano alla monarchia come forma di governo dello Stato da essi invocato e allora è ovvio immaginare gli autori dell’opera come una comunità di rivoluzionari sullo stile di quei francesi che riconoscevano come capo il famoso duca d’Orléans. Quei rivoluzionari sparirono, ma il programma raccolto nei Protocolli si sta realizzando costantemente non solo in Francia, ma in tutta l’Europa e specialmente negli Stati Uniti d’America.

Nella forma presente dell’opera, che indubbiamente è quella originale, non si riscontra contradizione alcuna. L’origine ebraica è un elemento essenziale per l’economia di tutta l’opera. Se realmente questi Protocolli fossero una mistificazione, come i suoi oppugnatori ebrei vogliono far credere, non v’è dubbio che i mistificatori si sarebbero sforzati di accentuare l’origine israelitica in tal modo da far facilmente trapelare la loro intenzione antisemita. Invece in tutta l’opera, la parola ebreo appare due volte sole. Solo dopo essere penetrati a fondo nella materia del libro, si capisce il piano dell’istituzione di un sovrano mondiale e solo allora si comincia a capire di quale stirpe debba essere.

Viceversa, il complesso dell’opera non permette il minimo dubbio sul popolo contro il quale va diretto il diabolico piano. Questo non nega né il concetto di aristocrazia, né quello del capitale, né del governo, ma contiene al contrario disposizioni molto minute per utilizzare l’aristocrazia, il capitale e l’autorità del governo per la sua realizzazione definitiva. Tutto il piano è diretto contro il popolo così detto "infedele" ( i goiyam ) e questa sola denominazione annulla ogni dubbio rispetto allo scopo dei documenti. Tutte le sollevazioni popolari di carattere liberale dovranno essere appoggiate; sparse e coltivate tutte le teorie dissolventi in materia di religione, economia, politica e vita familiare, per minare il consorzio umano in guisa tale che nel momento in cui si realizzi il piano definitivo, i popoli non se ne accorgano neanche, e siano già completamente soggiogati quando la fallacia di tutte le teorie si renda evidente.

La frase più comune nei documenti non è: "Noi giudei faremo questo o quello..." ma "Gli infedeli arriveranno a pensare o a fare questo o quello". Eccetto pochi casi che si riscontrano nelle ultime tesi, il solo concetto distintivo della razza è racchiuso nella parola "infedeli". Così, per esempio, dice in questo senso la prima tesi : "Le pregevoli qualità dei popoli, onorabilità e lealtà, in politica costituiscono vizi perché conducono alla rovina più che un nemico. Queste qualità sono le caratteristiche della politica degli infedeli. Noi non dobbiamo lasciarci guidare da esse...". "Sulle rovine della nobiltà ereditaria degli infedeli, abbiamo eretto l’aristocrazia delle nostre classi intellettuali e in modo speciale l’aristocrazia del denaro. Noi abbiamo basato i fondamenti di questa nuova aristocrazia su quelli della ricchezza che dominiamo e sulla scienza dei nostri Savi...". E aggiungono: "Otterremo con la violenza aumenti di salari che non apporteranno profitto alcuno agli operai perché contemporaneamente faremo rialzare i prezzi di tutti gli articoli di prima necessità, affermando, per esempio, che il rincaro è dovuto alla crisi agricola o del bestiame; mineremo le radici della produzione industriale suggerendo al lavoratore idee anarchiche e allettandolo con l’abuso dell’alcool, e in pari tempo prenderemo le misure necessarie per esiliare gli intellettuali gentili".

In un altro punto si legge: "Affinché la situazione reale e vera non sia prematuramente scoperta dagli infedeli, la terremo celata sotto apparenti sforzi in favore della classe lavoratrice, propagando grandi idee sociali che si discuteranno animatamente".

Questi paragrafi rispecchiano lo stile dei Protocolli rispetto ai partiti politici. "Noi" significa sempre gli autori del libro; "gli infedeli" sono coloro dei quali si scrive. Ciò si osserva con chiarezza nella tesi 14, che dice: "In questa diversità nel modo di sentire e di giudicare tra gli infedeli e noi, è chiaramente visibile il suggello della nostra elezione a popolo prediletto, ad esseri umani perfetti di fronte agli infedeli, che posseggono soltanto uno spirito istintivo e animalesco; essi osservano ma non sono capaci di riflettere e, se inventano qualche cosa, si tratta sempre di oggetti materiali. Da tutto ciò risulta inequivocabilmente che la natura ha predestinato noi a dominare e a guidare il mondo. Ciò si è verificato fino dai tempi più lontani, e per definire con chiarezza i due grandi settori che formano l’umanità, affermeremo che tutti i non ebrei debbono essere considerati infedeli".

Un’altra osservazione che è costretto a fare l’attento lettore dell’opera è che nei Protocolli manca in assoluto qualsiasi indizio di esortazione. Essi non servono a nessuno scopo propagandistico, né rivelano il minimo sforzo per eccitare l’amor proprio o l’energia di coloro per i quali furono redatti. Sono freddi e sobrii come un formulario statistico. Non contengono retorica, né frasi fatte, né grida isteriche. Se i Protocolli furono redatti da ebrei per gli ebrei, e affidati a ebrei, o se contengono principii del programma mondiale ebraico, è pur vero che non furono destinati ai demagoghi, ma solo agli iniziati delle più alte sfere, e meticolosamente preparati.

Osservando i Protocolli nel loro contenuto manifesto, si nota subito che il loro programma non costituì una novità per l’epoca nella quale furono dati a conoscere. La loro essenza è piuttosto quella di un legato religioso trasmesso da persone degne di fiducia di generazione in generazione. Non si riscontra in essi sintomo alcuno d’ideologia moderna, né entusiasmo giovanile, ma la tranquilla sicurezza di fatti maturati col tempo e di una politica consacrata da una lunga esperienza pratica. Due volte, è fatto cenno alla loro antichità. Nel primo Protocollo si legge: "Già in tempi lontani fummo i primi a spargere nelle masse la falsa semente della libertà, uguaglianza e fraternità". Da allora queste parole furono ripetute un infinità di volte dai pappagalli elettorali; in ogni dove si formarono gruppi intorno a questa esca che annullò il benessere dell’umanità e la vera libertà individuale. Gli infedeli, che si considerano intelligenti e furbi, non capirono il doppio senso di queste parole, non scoprirono la contraddizione che racchiudono, né si accorsero che in Natura non può esistere uguaglianza...".

Il secondo accenno alle origini dei Protocolli si trova nella sezione 13, dove si legge: "Il compito di occuparsi di politica incombe soltanto a coloro che da molti secoli hanno fissato e guidato la nostra politica".

Riassumendo: gli autori dei Protocolli non possono appartenere a una casta attualmente regnante, perché tutto il contenuto dell’opera si mostra francamente ostile agli interessi di tali caste; né esso può riferirsi a nessun gruppo nazionalearistocratico, come ad esempio quello degli "Junker" tedeschi (agrari feudali), perché i metodi raccomandati priverebbero tali gruppi di tutta la loro preponderanza; per questo i Protocolli debbono riferirsi soltanto a un popolo cui manchi un governo propriamente detto, a un popolo che può tutto guadagnare senza esporsi a perdere e che può seguitare ad esistere anche in seno a un mondo in rovina. A queste premesse risponde soltanto una razza, una sola razza!

Dal tono dei Protocolli si capisce subito che l’autore non ambiva ad onori personali, poiché il documento si distingue appunto per l’assenza assoluta di qualsiasi ambizione individuale. Tutti i suoi piani, i suoi obbiettivi, le sue speranze, sono infocati verso un’unica meta: l’avvenire d’Israele, e questo avvenire sembra che possa essere raggiunto solo con la distruzione scientifica di certe idee primordiali dei non ebrei. I Protocolli parlano, al riguardo, di quanto è stato fatto fino dall’epoca in cui essi furono redatti e di quanto resta da fare. Non si è mai fatto nulla di simile in quanto alla prolissità dei particolari, alla loro vastissima proiezione e alla profonda comprensione delle intime fonti di ogni processo umano. Essi risultano veramente terribili per la loro maestria nello sviscerare i segreti della vita e temibili per la chiara coscienza della loro superiorità.

La critica che questi Protocolli provocano da parte dei non ebrei è giusta. Non è possibile contradire nessun criterio sulla mentalità e sulla volubilità non ebree. Perfino i più illustri pensatori non ebrei si sono lasciati ingannare, prendendo per cause di progresso ciò che anche le intelligenze mediocri considerarono mezzi perversi di una subdola propaganda.

La spiegazione principale dell’impressione prodotta dai Protocolli durante i primi decenni, su molti statisti e governanti, è che per loro mezzo si capisce di dove proviene la mistificazione e a quale carro essi stessi si ritrovano aggiogati. Questi Protocolli forniscono un filo conduttore attraverso il labirinto contemporaneo, ed è ormai tempo che i popoli arrivino a conoscerli.

Non importa affatto che si conceda ai suddetti Protocolli una forza dimostrativa rispetto alla questione ebraica; la realtà dice che essi sono un libro di testo insuperabile per imparare il modo di maneggiare le masse popolari come un gregge di pecore, con influenze che esse non arrivano a concepire.

A questo punto s’impone una domanda: Sarà possibile che il programma contenuto nei Protocolli venga svolto in tutta la sua estensione?

Questo programma si sta già realizzando col massimo successo. Molti dei suoi principali argomenti si sono consolidati in fatti reali, ma ciò non deve causare né orrore né spavento, poiché la nostra arma più sicura contro questo diabolico piano, tanto nelle sue parti già effettuate come in quelle da effettuarsi, consiste nella loro piena ed ampia diffusione. Sia concesso ai popoli il pieno diritto di conoscerli. Il metodo raccomandato dai Protocolli ha come base l’eccitare i popoli, allarmarli, risvegliare le loro passioni; lo spirito opposto vuole ammaestrare i popoli, poiché rammaestramento disperde i pregiudizi, e questi non esistono solo da una parte, come immaginano e affermano troppo spesso gli scrittori ebrei.

Fonte: L'ebreo internazinale - Enrico Ford

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